Rivisitando Carlo Scarpa e Castelvecchio
Edizione in lingua Italiana
Richard Murphy, 2024
Introduzione a Rivisitando Carlo Scarpa e Castelvecchio
Carlo Scarpa ha lavorato al Museo di Castelvecchio a Verona, forse il suo progetto più importante, a diverse riprese tra il 1957 ed il 1975. In questo lavoro Scarpa condensa tutte le sue notevoli abilità; dimostra infatti come sia possibile lavorare in maniera creativa all’interno di un edificio che già possiede una storia complessa. Siamo di fronte ad un magnifico esempio del suo personalissimo linguaggio architettonico, nonché del suo incredibile occhio per il dettaglio e della sua maestria nell’utilizzo dei materiali. Questo spazio, che ospita inoltre un’esposizione museale tanto radicale e fuori del tempo oggi, quanto il giorno della sua inaugurazione nel 1964, è fin da allora fonte di ispirazione costante per la progettazione di musei. Scarpa raggiunge il risultato più straordinario, dove tutti questi temi vengono a convergere, nella sorprendente esposizione della statua equestre di Cangrande, probabilmente il più importante allestimento mai ideato per una singola opera d’arte.
Questo libro, oltre ad analizzare in maniera dettagliata il lavoro di Scarpa così come è giunto ai giorni nostri, presenta al lettore anche la complessa storia dell’edificio, come pure la sequenza degli eloquenti disegni di Scarpa, testimoni di una brillante curiosità e di un approccio olistico alla progettazione, dove arte e architettura risultano essere totalmente complementari.
I rilievi dell’intero edificio effettuati da Richard Murphy nel 1986, le sue interviste a diversi collaboratori di Scarpa, tra cui gli artigiani, e i suoi studi dei disegni scarpiani, hanno portato alla realizzazione di tre mostre e alla pubblicazione di un libro nel 1990. Tuttavia, Carlo Scarpa and Castelvecchio Revisited è sotto vari punti di vista molto diverso dal testo precedente. Non si tratta infatti di una seconda edizione, né tanto meno di un’analisi completamente nuova, ma piuttosto di un processo che, iniziato con la pubblicazione nel 1990 di un testo di 198 pagine, è culminato in un libro di 384 pagine e dal formato più grande. Il nuovo libro, rispetto al primo, riporta il doppio dei disegni di Scarpa, questa volta stampati a colori e con un sistema di riferimento che guida il lettore nell’analisi dei vari dettagli. Larghe parti del testo che accompagna queste immagini sono state riscritte e ampliate e due nuovi capitoli sono stati aggiunti. Forse l’aspetto più importante è, però, il maggior numero di foto dell’edificio nelle diverse fasi della sua complessa storia, oltre alle magnifiche foto a colori di Peter Guthrie e del suo assistente Matthew Hyndman.
Contenuti
I capitoli iniziali, che fanno seguito alla prefazione di Margherita Bolla, direttrice del museo dal 2015, e all’introduzione del critico e professore di architettura Kenneth Frampton, offrono una visione d'insieme del lavoro di Scarpa nel castello, una spiegazione della storia dell’edificio fin dalle origini nel XII secolo e la descrizione del modus operandi di Scarpa, una panoramica sui suoi disegni e una discussione sul suo approccio alla progettazione museale e delle mostre.
Il nucleo del libro è diviso in cinque capitoli che si susseguono secondo l’itinerario che compiono i visitatori di Castelvecchio: il "Cortile maggiore", “La sala d’ingresso e la galleria delle sculture”, “Lo spazio espositivo di Cangrande”, “Il lavoro ad ovest delle mura Comunali” e “Le ultime sale”.
I capitoli conclusivi comprendono alcuni articoli del cliente di Scarpa, Licisco Magagnato (1921 - 1987) e del suo assistente Arrigo Rudi (1929 - 2007). Ci sono anche due capitoli a cura di Alba di Lieto, architetto che lavora nel museo dal 1979 e che ha scritto dei vari cambiamenti avvenuti dalla morte di Scarpa nel 1978, oltre ad una spiegazione dettagliata dei materiali utilizzati nell’edificio. Infine, Ketty Bertolaso, che si occupa di grafica e progettazione presso il museo, ha scritto dell'archiviazione in digitale dei disegni di Scarpa.
L’importanza di Castelvecchio
Carlo Scarpa naque a Venezia il 2 giugno 1906. La sua famiglia si trasferì a Vicenza nel 1908, ma nel 1919, dopo la morte di sua madre, la famiglia si trasferì nuovamente a Venezia, dove Scarpa frequentò l’Accademia di Belle Arti dal 1922 al 1926, anno in cui si laureò. Divenne apprendista di Francesco Rinaldo, di cui sposò la nipote, Onarina Lazzari nel 1934. Nel 1935 nacque il figlio Tobia. Per la maggior parte della sua vita Scarpa insegnò progettazione d’interni e disegno presso l’Università di Venezia, ma non prese mai l’abilitazione per diventare architetto. Nel 1962 Scarpa si trasferì ad Asolo e nel 1972 nuovamente a Vicenza. Nel 1978, durante un viaggio in Giappone, Scarpa cadde da delle scale a Sendai e morì alcuni giorni dopo. La sua salma venne riportata in Italia e sepolta, secondo il suo volere, tra le lapidi del paese e la sua stessa creazione, la tomba Brion appena fuori il paese di San Vito di Altivole, a sud di Asolo.
Scarpa lavorò al rifacimento del museo di Castelvecchio a Verona in due cicli principali tra il 1957 e il 1964, con fasi aggiuntive completate nel 1967 e 1975. Il progetto si pone al centro della sua carriera tra gli altri lavori maggiori. E’ preceduto dallo Negozio Olivetti a Venezia, dai progetti per i musei a Palermo, Possagno e dal museo Correr a Venezia. Sono invece successivi casa Ottolenghi, la sede centrale della Banca Popolare di Verona, completata postuma, e il progetto più intimo della sua opera, la summenzionata Tomba Brion a San Vito di Altivole. Negli stessi anni in cui lavorava al museo di Castelvecchio, Scarpa lavorò ad altre importanti commissioni – in particolare alle modifiche al Museo della Fondazione Querini Stampalia a Venezia e al padiglione veneziano della Mostra di Torino del 1961 “Il senso del colore e il controllo delle acque”; entrambi i progetti hanno avuto una particolare rilevanza ed influenza sulla sua concezione di Castelvecchio, e viceversa.
Quando Scarpa morì, nel 1978, ben poco era stato pubblicato sui suoi lavori. Nel dicembre 1973 The Architectural Review recensì una mostra all’Heinz Gallery di Londra, le riviste italiane di architettura Controspazio e Rassegna avevano entrambe pubblicato delle edizioni speciali sul lavoro di Scarpa nel 1981, ma il primo volume monografico, del 1982, è rappresentato dal catalogo di Magagnato che accompagnava la mostra di una selezione di disegni di Castelvecchio. Questa fu la prima di quella che è diventata da allora una proliferazione di pubblicazioni, apparentemente senza fine.
Perché questo straordinario interesse al lavoro di Scarpa? E perché questo ritardo in un più diffuso apprezzamento del suo operato? Nel corso della sua vita e per qualche tempo dopo la sua morte, il lavoro di Scarpa fu giudicato anacronistico, su piccola scala e troppo artigianale. Forse perché, come ha giustamente fatto notare Bruno Zevi, Scarpa non ci ha lasciato dei progetti considerevolmente inventivi. Tuttavia è più probabile che la causa sia da ricercare nella relativa inaccessibilità al suo lavoro attraverso fotografie e scritti. Solitamente tutti i grandi edifici visti dal vivo superano di gran lunga le aspettative del visitatore mediamente colto, ma raramente cio’ accade con la stessa intensita’ che si sperimenta con gli edifici di Scarpa. Nel suo caso le fotografie sono una preparazione completamente inadeguata. La ricca esperienza sensoriale della sua architettura si rivela solo dal vivo: il dispiegarsi degli spazi e della visuale, i rumori dell’acqua, i movimenti della luce sulle strutture, il piacere nella scoperta dei dettagli, la sensazione tattile dei materiali. Per comprendere completamente il suo genio è necessario muoversi all’interno dei sui spazi aguzzando i cinque sensi e lasciandoli lavorare insieme. Nel documentario di Murray Grigor del 1996 per Channel 4, Arrigo Rudi commenta in maniera memorabile che “è impossibile visitare uno degli edifici di Scarpa con le mani in tasca. Bisogna toccare…”
Al di là della posizione centrale che Castelvecchio assume all’interno della carriera di Scarpa, quella di studiare quest’edificio in particolare, all’interno del suo operato, è una scelta felice per svariate ragioni. Prima di tutto perché è un museo, e la progettazione di mostre permanenti e temporanee è il campo di lavoro privilegiato di Scarpa e nel quale, probabilmente, la sua influenza fu più forte. Castelvecchio è certamente l’esempio più rappresentativo e contiene una varietà completa di spazi espositivi, non ultimo ovviamente, lo straordinario allestimento della statua di Cangrande.
In secondo luogo, quello di Castelvecchio è un intervento su una struttura storica, ed è il più complesso e didascalico di tutti, soprattutto se si considera il modo in cui Scarpa si è impegnato a mettere in luce le diverse stratificazioni storiche preesistenti al suo intervento. Prima di Scarpa non era di moda investire l’energia architettonica per lavori all’interno di edifici preesistenti. Infatti, si fa fatica a nominare un solo edificio o progetto di uno qualsiasi dei “grandi” dell’architettura moderna che presenti un simile tipo di intervento. Da Scarpa in poi, e da Castelvecchio in particolare, tali interventi sono considerati alla stregua di nuove costruzioni.
In terzo luogo, sebbene in parte limitato dal tessuto storico dell’edificio esistente, si può esaminare il linguaggio completo della retorica architettonica di Scarpa, spiccatamente personale e da ventesimo secolo. Castelvecchio racchiude anche la più ampia collezione di esempi delle sue apprezzatissime dettagliature. Si possono studiare abbondantemente scale, porte, finestre, maniglie, raccordi – tutti documentati nei disegni in scala. Ricchezza dei dettagli e densità dei progetti rispondono, in una certa misura, alla critica sulla loro mancanza in molti esempi del modernismo del ventesimo secolo.
Quarto, l’architettura di Scarpa è fuori dal tempo, come ha commentato lo stesso Rudi. Non la si può datare agli anni ‘50 o ‘60, ed egli stesso attribuiva questa caratteristica al fatto che Scarpa sfogliava raramente riviste di architettura e di conseguenza non era influenzato dalle mode, preferendo invece immergersi nel mondo degli artisti, un mondo che ogni due anni giungeva a Venezia per la biennale. Tuttavia, la sua architettura non è però priva di radici e la reinterpretazione di Venezia in particolare, è un fenomeno che possiamo rintracciare in tutti i suoi edifici.
Infine, Castelvecchio è inusuale in quanto il Museo possiede e ha catalogato quasi tutti i disegni del progetto sopravvissuti. Possiamo perciò studiare anche la progettazione e la realizzazione dell’edificio; una serie di viaggi privati nei disegni resi disponibili al grande pubblico mediante l’analisi dello sviluppo delle idee attraverso sequenze di disegni. I disegni testimoniano anche la formidabile rete di relazioni tra Scarpa e Magagnato, i suoi assistenti Arrigo Rudi e Angelo Rudella, il Comune e, non di minore importanza, gli artigiani e i manovali che realizzarono le sue idee.
Si spera perciò che questo studio sia utile per chi si occupa di progettazione museale e/o di interventi su edifici storici, per coloro a cui piacerebbe avere un manuale di riferimento sulla dettagliatura e sulla costruzione, e per tutti quelli generalmente interessati al lavoro di Scarpa, tanto al progetto costruito e qui documentato dalle fotografie e dai disegni in scala, quanto al processo testimoniato dalla sequenza dei disegni di Scarpa selezionati. Si auspica inoltre che per il visitatore del museo questo studio sia anche un’utile guida, oltre che prezioso souvenir.
Il parere della critica
“Al di fuori del Nord Italia nessuno ha contribuito più di Richard Murphy, architetto di Edimburgo, alla nostra comprensione di Carlo Scarpa… così come ci svela questo brillante ed esaustivo studio su Castelvecchio.”
- Kenneth Frampton, PROFESSORE DI ARCHITETTURA PRESSO LA SCUOLA DI ARCHITETTURA, PIANIFICAZIONE E CONSERVAZIONE, COLUMBIA UNIVERSITY, NEW YORK
“Nel 2013, riferendomi alla prima edizione del libro di Murphy su Scarpa e Castelvecchio del 1990, scrissi: ‘Questo studio esemplare, compresi i disegni in scala, rimane uno dei migliori libri su Scarpa,’ un’affermazione che implicava anche la mia convinzione che il libro non sarebbe mai stato superato. Pubblicando una nuova edizione, di un formato più grande, ampliata e illustrata in maneira più esaustiva di quello che era già considerato uno studio canonico su Scarpa e il suo lavoro principale, Castelvecchio, Murphy ha dimostrato che questa mia convinzione era errata. Ho da sempre considerato le monografie su un solo edificio il modo più efficace e avvincente di presentare le caratteristiche e il carattere di un edificio, così come il processo della progettazione e principi compositivi del suo architetto. Murphy ci ha così nuovamente offerto non solo lo studio canonico di Castelvecchio e del suo architetto, ma anche quella che sarà indubbiamente riconosciuta come una delle monografie su un singolo edificio più esaustive mai pubblicate. Posso affermare con certezza che questa seconda edizione non verrà mai superata, perché non c’è nulla che non vi sia stato discusso o esplorato in relazione all’edificio e al suo architetto. Questo libro, come si addice a Castelvecchio, è un vero capolavoro: il capolavoro architettonico di Scarpa che il libro porta propiziamente e perspicacemente alla presenza di noi lettori.
- Robert McCarter, PROFESSORE DI ARCHITETTURA “RUTH AND NORMAN MOORE”, WASHINGTON UNIVERSITY A ST. LOUIS
“Questo è il gradito ritorno di un classico che non sarebbe mai dovuto andare fuori stampa. L’analisi di Richard Murphy, oggi ancora più completa di prima, è fondamentale per l’ormai crescente attività di interventi progettuali. Questa nuova edizione è una produzione stupenda, con nuove fotografie e con i disegni di Scarpa che appaiono più freschi che mai. L’analisi comprensiva dell’autore, sia visuale che testuale, è una delle meraviglie della critica architettonica. Murphy, e Giancarlo di Carlo che lavora ad Urbino, possono essere giustamente considerati pionieri, gli iniziatori di un approccio strutturato al compito di intervenire su lavori architettonici esistenti. La pubblicazione di questa nuova edizione aiuterà a contrastare il superficiale eccesso di alcuni lavori in Europa e nel mondo. Si spera anche che sia d’aiuto all’avvio di un dialogo, che manca ancora in questo paese, tra designers, architetti e storici riguardo, se non altro, la legittimità e gli approcci che andrebbero incoraggiati e quelli che andrebbero proibiti. Si deve a Murphy, più di qualsiasi altro, il riconoscimento universale del genio di Scarpa nel suo lavoro a Verona. Qualsiasi futura descrizione del museo e del coinvolgimento di Scarpa in esso tenderà ad essere un riassunto di parte o tutti i libri di Murphy.”
Fred Scott, AUTORE DI ON ALTERING ARCHITECTURE, ROUTLEDGE 2008, LONDRA’
“Una ricerca così intensa e prolungata concentrata su un solo edificio e di un architetto da parte di un altro è rara: la dedizione di Murphy a Scarpa e a Castelvecchio è profondamente avvincente. Questa è una ricerca dell’essenza assoluta dell’architettura, condotta con esemplare competenza ed entusiasmo perpetuo.”
Hugh Pearman, EDITORE, RIBA JOURNAL’
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